domenica, 28 Aprile, 2024

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Intervista agli I Shot A Man su Radio City Light che ci presentano il nuovo album “DUES”

“DUES” è il nuovo album degli I Shot a Man concepito tra i blues urbani del nostro secolo, trascinato per le rive del Mississippi fino alle paludi della Louisiana. DUES si addentra nell’essenza del blues, districa le sue radici africane, morde il delta del Mississippi, inghiotte i suoi figli più moderni.

Ma abbiamo avuto il piacere di intervistarli qui a Radio City Light dove ci spiegano più dettagliatamente l’album

 

INTERVISTA

Cosa c’è all’origine del vostro amore per il blues?
Il blues è una musica che trascende tutto. Cerchiamo di spiegarci meglio. Praticamente tutta la musica leggere ha o ha avuto a che fare con il blues. Nel senso che tutte le sue derivazioni hanno contaminato a tal punto la musica di ogni angolo del mondo che è quasi impossibile immaginare l’ultimo secolo musicale senza il blues. La musica si è evoluta e con essa la tecnologia. Le chitarre elettriche, i sintetizzatori, ecc… Ma c’è una cosa che è davvero impossibile da riprodurre, ed è l’essenza del blues: la presenza. Il blues è una musica suonata, è imprescindibile dal musicista che la suona, dalla sua performance. Puoi suonare la chitarra elettrica, l’acustica, battere le mani a tempo o solo cantare a voce nuda, se c’è, il blues verrà fuori.

A chi consigliereste, in particolare, l’ascolto di “DUES”?
Abbiamo sempre paura di rivolgerci troppo agli appassionati, agli affezionati del blues, i nostalgici, i puristi. Quello che abbiamo scoperto è che il pubblico che normalmente si orienterebbe su altri generi, spesso apprezza il nostro lavoro. Noi vorremmo che le radici blues del nostro lavoro fossero un’ispirazione nostra, una luce che ci guida, ma che non ci etichetta di fronte al pubblico. DUES è per tutti quelli che hanno voglia di battere le mani a tempo e lasciarsi trasportare fuori dai confini dei propri ascolti.

Come è cambiata la vostra musica nel corso del tempo?
Quando eravamo alle superiori eravamo immersi nel rock, nel metal, nel grunge. Si cresce, la complessità della vita di tutti varia nel tempo, e a volte i contorni netti, i messaggi diretti, non rappresentano più la complessità della nostra vita interiore. Si cerca così, da ascoltatori, qualche territorio nuovo, dei suoni che ci facciano sentire capiti. Probabilmente è così anche per la nostra musica. Con il tempo varia l’urgenza di alcuni suoni, di alcuni contenuti, e ne emergono di nuovi. Nel nostro caso, inserire una chitarra elettrica dove prima c’era una acustica, un nuovo modo di intendere le percussioni, gli anni che passano, sono tutti ingredienti che contribuiscono a sovvertire l’ordine esistente e a innovare.

Consigliateci un pezzo (di altri artisti) che tutti dovrebbero assolutamente ascoltare. 
“At the dark end of the street”
È un brano inciso da James Carr, ripreso da molti altri artisti, tra i quali spicca Ry Cooder.
C’è tutto quello che una bella canzone dovrebbe contenere. Una musica ispirata, cantabile, semplice, di una semplicità che è l’ultima tappa di un lungo percorso; un testo altrettanto semplice e profondo. E la versione di Ry Cooder è un capolavoro. Nel live c’è una parte in falsetto cantata da Terry Evans che da letteralmente i brividi.

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