giovedì, 31 Luglio, 2025

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Recensione di “Nodi”, il nuovo EP di Colombo

Il nuovo e magnetico progetto in italiano di Colombo, l’alter ego del musicista, songwriter e compositore Alberto Travanini, iniziato ad aprile 2024 con la pubblicazione del singolo “Uomini forti“, culmina finalmente nella pubblicazione del suo nuovo disco “Nodi“, una sintesi del percorso di Colombo degli ultimi 3 anni, prima di tutto dal punto di vista musicale, perché rappresenta l’unione tra la sua anima classica, pianistica, e quella più pop ed elettronica.

RECENSIONE

C’è una dolcezza rara in Nodi, il nuovo disco di Colombo, alter ego di Alberto Travanini. Una dolcezza che non ha paura di mostrarsi fragile, esitante, scomposta. In un panorama musicale che spesso premia l’efficienza della forma più che l’urgenza del contenuto, Colombo sceglie di raccontarsi senza filtri, con una sincerità che commuove. Questo disco è una lettera aperta scritta con le mani che tremano, una mappa emotiva che prova a dare un senso ai grovigli dell’amore, del desiderio, del dubbio.

Nodi è prima di tutto un disco che parla d’amore. Ma non di un amore da copertina: qui c’è l’amore che traballa, che brucia, che si spezza. L’amore che cambia forma quando le aspettative diventano pesi, quando la complicità diventa distanza. Brani come “Unisono” o “K” raccontano la frattura, l’incomprensione, l’assenza. Ma non lo fanno mai con rabbia: c’è sempre una tenerezza di fondo, uno sguardo che cerca di capire, di perdonare, di salvarsi.

Colombo canta come si scrive un diario: senza preoccuparsi di essere perfetto. La voce a volte cede, si nasconde, si spezza. Ed è proprio lì che arriva al cuore. Perché non c’è posa, non c’è costruzione: solo bisogno di esprimersi. Anche nei momenti più pop o più elettronici, come in “Arancio” o “Lucido”, si avverte sempre questa urgenza profonda di dire qualcosa di vero, anche a costo di scoprirsi troppo.

I riferimenti a mondi musicali come quelli di James Blake o Bon Iver sono evidenti, ma Colombo non imita. Porta tutto in un contesto intimo, personale, tutto italiano. La lingua è scelta con cura, le parole sembrano sempre venire dopo un lungo silenzio. Ogni brano è un nodo emotivo, una piccola confessione. E ascoltare questo disco significa fare un viaggio dentro una relazione, ma anche dentro un’identità che cerca di accettarsi, di amarsi, di non rompersi.

Viene naturale chiedersi, ascoltando Nodi, come l’abbiano presa le persone a lui vicine. Cosa ha pensato lei – la destinataria implicita di certi brani – ritrovandosi trasformata in canzone, in immagine, in eco? E cosa hanno provato amici, familiari, ascoltando così tanto di lui, tutto insieme? Forse anche questo fa parte del coraggio di Colombo: dire tutto, sapendo che qualcuno capirà, e qualcun altro forse no.

Nodi è un disco che non grida, ma che resta. Che non ti afferra per le spalle, ma ti prende la mano. Un lavoro delicato, umano, romantico nel senso più vero del termine: perché parla d’amore con lo sguardo di chi ha amato davvero, e ha avuto il coraggio di raccontarlo senza vergogna.

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Foto: Elena Grandi (IG @helenagrandi)

 

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