Con “Akinori”, Alberto Giovinazzo firma un brano intenso e visionario che affonda lo sguardo nel cuore oscuro dell’industria baleniera.
Il protagonista è un comandante, simbolo di una tradizione violenta che resiste al tempo e alla condanna etica. Ma più che una semplice denuncia, il brano si trasforma in una riflessione lucida sull’indifferenza e sull’incapacità umana di interrogarsi sulle conseguenze delle proprie azioni.
L’artista si cala con empatia nella mente del suo personaggio, evitando ogni semplificazione, e racconta con profondità la sua trasformazione narrativa, tra studio storico e introspezione. “Akinori” è una canzone che non cerca applausi, ma consapevolezza: un invito silenzioso a guardare oltre, a riconoscere le ombre e a scegliere, magari, di non restare immobili.
Ne abbiamo parlato direttamente con Alberto Giovinazzo in questa intervista, dove si svela il senso più profondo del brano e il legame personale dell’autore con l’ambiente e la narrazione sociale.
INTERVISTA
“Akinori” è un nome carico di simbologia: cosa ti ha spinto a trasformarlo nel protagonista di questa storia?
La ricerca storiografica della caccia alle balene mi ha portato dritto in Giappone, dove questa pratica becera è ormai frutto di indignazione internazionale a causa delle sue antichissime origini. Akinori, di origine asiatica, mi sembrava dunque il miglior nome da attribuire al comandante capo della baleniera oggetto della storia del brano.
Quanto è stato difficile entrare nella mente di un comandante di baleniere senza renderlo una caricatura?
Quando decido di affrontare una problematica sociale nei mei pezzi ho l’esigenza di informarmi totalmente sul tema che sto trattando. Spesso questo studio mi porta ad umanizzare con estrema chiarezza ahimè delle figure come quella di Akinori, dove alcune azioni diventano naturalmente frutto di un immaginario molto vivido allontanandomi dunque da tentativi di astrattezze che potrebbero “inquinare” il racconto della storia musicale.
Il brano sembra una denuncia, ma anche un invito alla riflessione: quale reazione ti piacerebbe suscitare in chi ascolta?
Non ho particolari ambizioni di riuscita sui miei brani in generale, però mi fa sempre molto piacere quando dopo la pubblicazione il mio ascoltatore diventa attento nei confronti di tematiche delicate e spesso nascoste al grande pubblico. Sensibilizzare è un grande dono, spero che la mia musica lo faccia.
Hai vissuto in prima persona esperienze che ti hanno avvicinato alla causa ambientalista?
Il territorio nel quale ho vissuto fino agli anni dell’adolescenza mi ha inevitabilmente messo a stretto contatto con la natura, la quale spesso ci sfugge essere la nostra casa terrena, pertanto, è fondamentale prendersene cura ma in primis conoscerla. Ovviamente essendo parte della generazione dei Fridays for future non ha fatto altro che rafforzare questo legame con l’ambiente nonché l’attenzione quotidiana per i cambiamenti climatici.
Se dovessi riassumere l’anima di “Akinori” con una sola immagine, quale sarebbe?
Un uomo silenzioso, che ha percorso più miglia in mare rispetto alla terra ferma; un uomo di poche parole, che probabilmente è stato “abituato” ad accettare la crudeltà nella quale ha vissuto sin da piccolo. Un uomo che nonostante i viaggi in mare non è mai sceso da quella baleniera, non si è mai interrogato se il suo lavoro fosse necessario per qualcuno né tanto meno sull’utilità di una biodiversità marina.