domenica, 20 Luglio, 2025

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Intervista su Radio City Light a Giovanni Battistin che ci presenta il suo nuovo singolo “LUNA (TROVIAMOCI UNA SCUSA)”

É disponibile “Luna (Troviamoci Una Scusa)”, il nuovo singolo del cantautore e polistrumentista padovano classe 1996 Giovanni Battistin – un nuovo capitolo che segue i precedenti singoli “Raggio Di Sole” e “Amore Digitale” (già fuori per Scissor Salad, in distribuzione Believe Music Italy), che ci introducevano i temi del suo prossimo disco, la nostalgia e l’impatto delle relazioni passate.

I brani sinora uscita rappresentano degli estratti dall’EP in uscita “Ultimo Accesso”, un progetto di quattro tracce che esplora le dinamiche delle relazioni nell’era contemporanea.

“Luna (Troviamoci Una Scusa)” è una canzone figlia del lockdown, periodo nel quale le nuove conoscenze e la comunicazione avvenivano quasi esclusivamente online. Esprime la frustrazione del poter interagire soltanto tramite un dispositivo e la voglia di uscire dal fango della comunicazione virtuale, trovando una scusa per incontrarsi di persona e conoscersi davvero.

E non vediamo l’ora di sentire il suo nuovo singolo. Nel frattempo, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui.

INTERVISTA

In Luna (troviamoci una scusa)” c’è un’urgenza di dire, di cercare uno spazio per incontrarsi, anche solo con una scusa. Cosa rappresenta per te questa Luna, e chi vorresti raggiungere davvero?

“Luna (troviamoci una scusa)” nasce da una profonda frustrazione vissuta durante il lockdown: la pandemia ha, di fatto, contribuito a sabotare sul nascere una potenziale storia d’amore. Pur percependo un feeling speciale, mi sono scontrato con la difficoltà di creare un legame autentico con questa persona, ostacolato sia dalla distanza forzata che dalla freddezza della comunicazione via chat e social.

Questo si traduceva in una chiara frustrazione: non potersi “spogliare” sia metaforicamente che letteralmente a causa delle limitazioni imposte dai DPCM. Quando canto “Ho portato anche la luna”, utilizzo un’iperbole per esprimere il massimo sforzo, un “io ho fatto tutto ciò che mi era possibile e ora non so cosa altro potrei fare”.

Il ritornello diventa così un invito con un significato più ampio: trovare una scusa per evadere dal “fango” della messaggistica e da una quotidianità asfissiante fatta di chiusure e isolamento.

Quello che nacque come un messaggio indirizzato a una persona specifica, si trasforma in un’esortazione a mostrarsi davvero per chi si è e a connettersi in modo autentico, superando le barriere e le distanze.

Sei molto legato a Padova: quanto influisce questa città sulla tua scrittura? Ti senti parte di una scena locale o credi che sia ancora difficile emergere fuori dai grandi centri?

Padova è la mia casa, e inevitabilmente filtra ogni cosa che scrivo, quasi fosse permeata dalla sua stessa nebbia. Ciò che creo è sempre molto personale, e la città influenza non tanto i temi specifici, quanto l’atmosfera e le sensazioni che poi si riversano nelle mie canzoni.

Mi sento profondamente parte della scena musicale locale. Da poco sono entrato nella famiglia di Scissor Salad, un’etichetta indipendente padovana dove gravitano anche musicisti che sono amici di una vita. Questa connessione è fondamentale per me, così come frequentare assiduamente le jam session in città. Lì si creano sinergie, si scambiano idee e si respira un’energia unica.

Tornando alla difficoltà ad emergere, credo che, a prescindere dalla città di provenienza, sfondare sia diventato davvero complicato. La proposta musicale sulle piattaforme è sempre più ampia e dispersiva, e distinguersi richiede uno sforzo enorme. Essere a Padova, per quanto mi dia un ambiente creativo e stimolante, non rende il percorso meno arduo. La sfida è globale ormai.

In unepoca in cui lidentità artistica passa spesso dai social, hai detto di sentire il bisogno di raccontarti anche al di fuori della musica. Che tipo di narrazione stai cercando di costruire su di te?

Raccontare il “vero me” su Instagram è per me una grande sfida, nonostante l’intero EP ruoti attorno al mio vissuto e alle dinamiche dei social.

Se nella musica espongo il mio mondo interiore, sui social preferisco rimanere un osservatore, interagendo il minimo indispensabile. Questo mi permette di analizzare e criticare certi meccanismi senza sentirmi completamente inghiottito. La mia scarsa presenza online è già di per sé molto eloquente: amo staccare dallo smartphone, creare situazioni dove i telefoni non sono importanti, come organizzare una jam session o cucinare per gli amici.

Credo che la narrazione che più mi si addica come artista sia proprio la “non-narrazione”, o comunque una comunicazione limitata allo stretto indispensabile. Non voglio sentirmi ancora più schiavo di quanto già non lo sia dei meccanismi tipici dei social media; preferisco che sia la musica a parlare per me e che le mie azioni fuori dallo schermo definiscano chi sono.

Spesso chi scrive canzoni si protegge dietro i testi: come stai imparando a esporti, a mostrare anche le parti che non finiscono in una strofa?

Nello scrivere non cerco di proteggermi, anzi, mi sento in dovere di essere onesto con me stesso e mettermi a nudo davanti a chi ascolta.

Nelle canzoni non sento di dover usare le parole come scudo e faccio molta fatica a dire una cosa se non la sento davvero sulla mia pelle.

Credo che mostrarsi davvero per chi si è sia il modo più efficace di arrivare al pubblico nella maniera più autentica. Sono convinto che le persone istintivamente distinguano ciò che è reale da ciò che è artefatto.

Troviamoci una scusasembra anche un invito a non perdersi di vista. Qual è il tuo rapporto con il tempo, con chi resta e con chi si allontana?

Non pensavo di dover ricorrere al vecchio Luciano Ligabue per aiutarmi nella risposta a questa domanda:

Si fa presto a cantare che il tempo sistema le cose

Si fa un po’ meno presto a convincersi che sia così”.

Il periodo subito successivo alla fine di una relazione/frequentazione lho sempre vissuto in maniera dolorosa, ma lo scorrere del tempo aiuta davvero a guardare con lucidità il proprio passato e prenderlo con più filosofia. Da un giorno allaltro il tempo passa dal ferirti al curarti.

Oltre ad un confronto maturo, il distacco in certe circostanze per me è stato necessario perché mi ha permesso di decostruire idealizzazioni che erano frutto della mia mente e riuscire a custodire comunque il ricordo di certe persone con rispetto e un filo di nostalgia nonostante gli epiloghi.

Con chi resta ho un ottimo rapporto e ho la fortuna di avere molti amici che conosco da quasi 30 anni: anche qui la chiave è cercare di avere sempre un confronto maturo.

Al momento ho anche trovato una certa stabilità sentimentale e spero rimanga a lungo!

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