É uscito venerdì 1 dicembre 2023 il nuovo album del poliedrico compositore e musicista Alessandro Fedrigo, un nuovo capitolo dal titolo “MutaForma” è già anticipato dal singolo “Elegia“. Il disco, pubblicato per l’etichetta Record Y, che suonava come una preghiera, di una confessione o di una meditazione. Improvvisando, Alessandro ha inventato alcune semplici melodie, squassate da un un ambiente elettronico inquietante.
“Mutaforma” invece rispecchia il modo di Alessandro Fedrigo di immaginare la musica, in continuo cambiamento, in questo disco ha infatti attraversato alcuni nuovi scenari con un basso dal suono cangiante, mutevole.
E riguardo la sua etichetta, Berlino e piani per il futuro, ne abbiamo parlato direttamente con lui.
INTERVISTA
Quali sono i tuoi ascolti più recenti, e quali di questi hanno ispirato “Mutaforma”, il tuo ultimo album pubblicato per Y Records?
Direi che tra gli ultimi ascolti metto Anna Butterss, the Inward Circle, alcune cose vecchie di Squarepusher che avevo perso, i Plaid e Arve Henriksen.
Qual è il tuo rapporto con Frank Martino, dell’etichetta, e in che modo ha saputo influenzarti e indirizzarti durante quest’avventura?
Mi piace Frank, mi piace l’approccio e la sua idea di musica, è un ottimo chitarrista e ha un pensiero musicale sempre in evoluzione. Con lui mi interessa discutere le scelte artistiche e le modalità di pubblicazione, mi rinfresca.
Sei ancora a Berlino? È ancora una città musicalmente attiva?
Non sono a Berlino! Vivo a Trieste. Che non è attiva come Berlino anche se ha un bel Conservatorio, un jazz club e un festival estivo interessante. Poi Trieste sale e scende, ha un tasso sufficiente di rifiuti e scritte sui muri, bellissimi androni, bei campanelli e Rozzol Melara come mio luogo preferito.
Hai voglia di raccontarci la copertina di questo disco? In che modo questo disegno rappresenta un “mutaforma”? E quanto è importante nel tuo lavoro l’associazione immagini / musica?
Non volevo incaricare un grafico e dunque su un foglio di carta ho iniziato a scarabocchiare, amo scarabocchiare, c’è una forma di energia in quei disegni che vorrei trasferire nella musica, forme organiche semplici, stupore, qualcosa di generativo. Non ho lavorato su un concept, alle volte mi sembra che col concept qualsiasi cosa possa avere senso anche se fa schifo, se la giustifichi sei a posto. Probabilmente il mio disegno non è un granchè, ma sono io. Almeno apparentemente.
Quali sono i tuoi piani, ora?
Cerco di sviluppare un live da solo, vado 2 giorni in Germania a suonare con Nicola Fazzini, ho alcuni concerti col trio di Luca Dell’Anna, prendo contatti con una ditta russa che si occupa di ibernazione umana per capire se i prezzi sono abbordabili, pensavo al primo segnale di incurabilità di farmi espiantare il cervello risvegliarmi nel 2500.
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