INTERVISTA
Ciao Scirocco, ci parli del nuovo singolo “Sei venuta soltanto per andare via”?
“Sei venuta soltanto per andare via” parla dell’ombra, delle tracce che lasciano le persone quando vanno via. La guerra è presente in maniera attiva, perché amarsi è farsi la guerra, e lasciarsi non è la tregua, ma il protrarsi di una guerra diversa: una guerra con sé stessi in qualità di compagni e avversari. Così il brano è una questione di alternanze: luce e buio, vuoti e pieni.
Quanto metti di vita vissuta e autobiografica nei tuoi brani? Oppure sono il risultato di osservazioni, condivisioni di vite altrui?
Di autobiografico c’è tutto, e niente nella stessa misura. Sono diviso, nella mia scrittura, da sempre, fra il gusto della narrazione e l’esigenza di dirsi. Quindi guardo le cose, e come interagiscono col mio mondo interiore, e costruisco delle storie, che mi appartengono completamente anche se non necessariamente appartengono al mio specifico vissuto.
Quanto è cambiata la tua scrittura nel corso di questi anni? Qual è il maggior cambiamento di cui ti sei accorto, se c’è?
Radicalmente. Parallelamente al mio percorso personale, anche quello artistico ha subito dei cambiamenti di rotta ben definiti. A partire dall’attenuazione della percezione di un vincolo di genere: adesso mi permetto di essere più libero, senza dovermi necessariamente incasellare in una serie di definizioni.
E dal punto di vista musicale? Sono cambiate le tue influenze? Tre dischi recenti che hai particolarmente apprezzato?
Alcune sono rimaste, lì, dall’alto, a guardarmi come totem. Altre sono entrate e hanno divorato quello che non sapeva restare. Colapesce, “Un meraviglioso declino” è stata la svolta. Ma anche Marta sui Tubi, “Cinque la luna e le spine”. E ancora, Giallorenzo, “FIDATY”.